L’accordo sulla riforma della Pac ha ricevuto il via libera quasi unanime – con la sola eccezione della Bulgaria – da parte ministri agricoli dell’Unione Europea. Si tratta del primo passo formale, dopo la chiusura di un negoziato tra le istituzioni dell’Unione (Commissione, Consiglio e Parlamento), durato tre anni. Il testo dell’accordo, insieme ai punti tecnici ancora da risolvere, verrà ultimato nelle prossime settimane e dovrà essere sottoposto, in autunno, al voto del Parlamento europeo e all’approvazione finale da parte del Consiglio.
La futura politica agricola comune, che rappresenta il 31,95% del budget totale dell’unione per il periodo 2021-2027 con una dotazione di 386,6 miliardi di euro a supporto dei quasi 7 milioni di aziende agricole europee, entrerà in vigore il primo gennaio 2023, al termine del periodo transitorio previsto per gli anni 2021 e 2022 durante il quale valgono le regole dell’attuale Pac. Per l’Italia l’accordo vale circa 34 miliardi che possono arrivare a 50 se si considera il cofinanziamento nazionale allo sviluppo rurale. Di fatto si tratta di una riduzione delle risorse è del 15% (circa 6 miliardi di euro) rispetto il periodo precedente, più pesante rispetto alla media UE che si attesta al 10%. Secondo Confagricoltura l’esito del negoziato sulla riforma della PAC non ha risposto in pieno, sul piano delle risorse finanziarie e degli strumenti, alle attese della società e degli agricoltori. Inoltre, non sono stati fatti sostanziali passi in avanti verso la semplificazione e la semplicità delle regole.
Chiamata a dare un contributo decisivo all’attuazione del nuovo Green Deal, l’agricoltura europea dovrà rispettare una serie di nuove norme, che si traducono in pratiche agricole rispettose dell’ambiente (ecoschemi) alle quali sarà vincolato il 25% degli aiuti europei. Le pratiche green andranno scelte all’interno di un elenco fissato dall’Unione Europea che i singoli Stati membri dovranno declinare nei piani strategici nazionali. Per i primi due anni (2023 e 2024) la percentuale destinata agli ecoschemi potrà scendere di cinque punti (dal previsto 25%), ma con criteri rigidi per l’utilizzo a livello nazionale delle somme non richieste dagli agricoltori. Ricordiamo in proposito che l’adozione delle pratiche green è facoltativa per gli agricoltori.
Agli aiuti accoppiati, destinati a sostenere singole produzioni, dovrebbe essere destinato il 15% del plafond complessivo.
Il piano strategico nazionale dovrà inoltre contenere un pagamento redistributivo a favore delle aziende di minore dimensione, per un ammontare pari almeno al 10% della dotazione complessiva per gli aiuti diretti. L’obiettivo di redistribuzione potrà essere conseguito, in alternativa, facendo ricorso al plafonamento (tetto massimo agli aiuti percepibili da una singola impresa) e alla degressività (taglio sui pagamenti di maggiore importo).
Nemmeno in questa programmazione si arriverà ad un aiuto uguale per tutti a livello nazionale (convergenza interna) anche se le differenze sugli importi degli aiuti dovranno essere progressivamente contenute all’interno dell’85% entro il 2026.
Altra importante novità riguarda la condizionalità sociale della Pac, cioè l’introduzione di penalità nei confronti delle aziende che non rispettano le norme europee sul lavoro. Essa entrerà in vigore nel 2025, magli Stati membri hanno la facoltà di anticipare di due anni l’avvio. La nuova PAC prevede la messa a punto di piani strategici che i singoli Stati membri dovranno sottoporre alla Commissione europea entro la fine del 2021. Sembra che il piano dovrà includere anche i programmi per lo sviluppo rurale finora rientranti nell’esclusiva competenza delle Regioni.