Gli Stati membri dell’Ue avranno la possibilità di decidere se limitare o proibire l’uso di alimenti o mangimi prodotti con organismi geneticamente modificati (Ogm), anche se autorizzati a livello comunitario, sul proprio territorio. Questo il succo della proposta di legislazione approvata il 23 aprile dalla Commissione Europea.
La proposta ricalca quella relativa alla coltivazione, approvata a fine 2014, anche se le decisioni di vietare l’immissione in commercio di un Ogm dovrebbero essere giustificate “caso per caso”, senza che venga predeterminata una lista esaustiva di motivi come invece avviene nel caso della coltivazione. Rimangono comunque escluse “ragioni legate alla valutazione dei rischio per la salute e per l’ambiente” che continuano a rilevare invece per la normale procedura UE di autorizzazione, che resterà valida. Con la modifica, infatti, si stabiliscono le condizioni per uno Stato membro per decidere di vietare l’utilizzo di un Ogm una volta che esso sia stato comunque approvato dall’UE (secondo le regole attuali).
Si tratta di una proposta che impatta direttamente il commercio internazionale e comporta distorsioni commerciali.
Il Paese europeo che vietasse l’utilizzo di materie prime Ogm, ad esempio nella produzione di mangimi, andrebbe incontro a problemi non indifferenti: l’Italia, ad esempio, importa circa il 30% del proprio fabbisogno di mais e più dell’80% della soia che, in particolare quest’ultima, provengono da Paesi dove le coltivazioni sono in stragrande maggioranza Ogm. Dove troverebbe il nostro Paese le materie prime Ogm free necessarie? E a che prezzo?
Realisticamente parlando, la nostra zootecnia rischierebbe seriamente di chiudere i battenti.
“Dopo quasi vent’anni di polemiche, oggi ci troviamo in una situazione in cui gli Ogm continuiamo a non poterli coltivare, mentre li importiamo (e li mangiamo)”, fa notare il presidente di Confagricoltura Mario Guidi.
“La libertà degli stati membri all’importazione ed all’utilizzo, o meno, degli Ogm nella catena alimentare e mangimistica non può che essere in linea con l’autorizzazione alla coltivazione o non coltivazione”, è il commento di Guidi.