Il lockdown ha stimolato molte imprese agricole a individuare nuove soluzioni per superare le difficoltà logistiche e organizzative dei canali consueti orientandosi così verso la vendita diretta. Un fenomeno che va letto anche come segnale promettente dell’orientamento verso una filiera agroalimentare più corta e sostenibile.
Secondo i risultati dell’indagine trimestrale sulle aziende agricole realizzata dall’ISMEA, l’emergenza Covid-19 ha determinato un sensibile aumento del numero delle imprese agricole che praticano la vendita diretta e, di conseguenza, il fatturato di questo canale che, nel 2020, supererà i 6,5 miliardi di euro.
I produttori che quest’anno hanno scelto di accorciare la filiera, raggiungendo in autonomia il consumatore finale, sono il 21,7% del campione analizzato, percentuale che aumenta di circa il 5% rispetto al 2019 (17%). Non solo: chi ha adottato il canale di vendita diretta, vi destina mediamente l’82% della produzione aziendale, quota che nel 2019 era del 73,1%. Nel 2020 la vendita diretta diventa così il terzo canale scelto dagli agricoltori, dopo il conferimento a cooperative, consorzi e OP (indicato da quasi il 39% dei rispondenti) e la vendita a grossisti e intermediari commerciali (indicato dal 25%).
Ricordiamo che l’ultima modifica della norma sulla vendita diretta prevede per le aziende agricole la possibilità di vendere in maniera “non prevalente” i prodotti provenienti da altre aziende agricole (norma valida sia per le imprese individuali che per le società senza la perdita della qualifica di IAP).