Gli effetti della Brexit sull’export di vino

Quali potrebbero essere gli effetti della Brexit sul mercato del vino e di altri prodotti agricoli? Per analizzare i possibili scenari dopo l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue, Confagricoltura ha organizzato domenica 15 aprile, un focus nel proprio stand a Vinitaly insieme all’ambasciata del Regno Unito. Le conclusioni dell’incontro sono state affidate all’Ambasciatore britannico in Italia Jill Morris e al presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti.

Il 60% dei prodotti agricoli ed agroalimentari consumati nel Regno Unito sono importati e circa il 75% di questi proviene dalla UE (con un trend in costante crescita sia in valore sia in volume). Per quanto riguarda, in particolare, le importazioni di vino e spumanti del Regno Unito sono circa il 90% dei consumi e circa il 70% proviene dalla UE.

Seppure ancora non possano essere fatte previsioni poiché il negoziato commerciale non è iniziato, dalla “Relazione preliminare sugli impatti dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea” pubblicata dal Copa-Cogeca (il Comitato delle Organizzazioni e delle Cooperative agricole europee), nella prima versione a marzo scorso ed aggiornata a settembre, emerge che i settori produttivi soggetti a maggiore rischio sono la carne bovina, il lattiero caseario, il vino, l’ortofrutta ed il riso. Tra questi, il vino rappresenta una delle voci più importanti dell’export del nostro Paese verso il Regno Unito. In termini quantitativi abbiamo superato la Francia e, dopo Usa e Germania, la Gran Bretagna è il nostro terzo mercato di sbocco. In termini di valore l’export di vini e spumante nel 2017 ha superato gli 815 milioni di euro, con un incremento tra il 2012 e il 2017 del 51,37%. Le tematiche da affrontare sono moltissime e riguardano tutte le regolamentazioni europee: dall’Ocm al riconoscimento del sistema delle denominazioni, dall’etichettatura, al biologico, fino ai diritti d’impianto. “Le guerre commerciali non giovano a nessuno e rischiano di compromettere la ripresa economica che è in atto su scala mondiale – ha rimarcato Giansanti -. I negoziati di libero scambio sono alla base della reciprocità e non bisogna incoraggiare i protezionismi, invitando il mondo a chiudersi, ma incentivare il dialogo”.