Con la conversione in legge del decreto 1° marzo 2022 n. 17, il cosiddetto decreto energia) tra le altre cose è stata regolamentata l’installazione di pannelli fotovoltaici a terra. In particolare l’articolo 11 della legge disciplina i casi in cui si può derogare dal divieto di accesso agli incentivi statali per gli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole.
Nella conversione in legge del decreto è stato eliminato il limite, precedentemente introdotto, del 10 per cento di copertura della superficie agricola aziendale ai fini dell’accesso agli incentivi statali per gli impianti agro-voltaici con montaggio dei moduli sollevati da terra. Per contro è stata eliminata la possibilità di erogare incentivi statali agli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra e gli impianti agro-voltaici con soluzioni costruttive diverse da quelle elevate, disponendo per entrambe queste soluzioni, una occupazione di superficie complessiva, non superiore al 10 per cento della superficie agricola aziendale.
La legge, altresì, ammette agli incentivi statali, gli impianti solari fotovoltaici flottanti da realizzare su superfici bagnate ovvero su invasi artificiali di piccole o grandi dimensioni ove compatibili con altri usi.
Quanto agli impianti agro-voltaici con moduli sollevati da terra, viene previsto, che ai fini dell’accesso agli incentivi, tali sistemi debbano rispettare specifiche Linee guida adottate dal CREA, in collaborazione con il GSE, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.
In relazione a quanto illustrato, la nuova impostazione della disciplina degli impianti fotovoltaici su terreni agricoli è molto limitante per le imprese agricole in quanto da una parte viene confermata l’ammissibilità agli incentivi solo per gli impianti agro-voltaici elevati da terra, con l’estensione agli impianti flottanti – soluzioni complesse da realizzare e da gestire per gli agricoltori – dall’altra viene meno la possibilità per gli agricoltori di accedere agli incentivi su piccoli impianti a terra (agro-voltaico diverso da quello elevato da terra e fotovoltaico classico).
L’eliminazione degli incentivi per impianti a terra, seppure di dimensioni limitate (in quanto commisurate alla superficie aziendale), ha infatti come effetto quello di rendere antieconomico lo sviluppo di piccoli impianti (tipicamente quelli aziendali fino ad 1 MW – limite per attività di produzione di energia connessa all’attività agricola) e di indirizzare ancora di più il FV su terreni agricoli verso campi fotovoltaici di potenza oltre i 10-15 MW in grid parity e dunque non incentivati. Indirizzo, questo, ulteriormente rafforzato dalle semplificazioni introdotte nella legge di conversione a livello di procedure autorizzative e di ridefinizione delle aree idonee (aree agricole entro 300 m da aree a destinazione industriale, commerciale e artigianale e entro 150 m dalle autostrade) che accelereranno lo sviluppo dei grandi impianti fotovoltaici a terra (non incentivati) e degli impianti agrovoltaici (incentivati).
La situazione descritta, si valuta che agevolerà la cessione dei terreni agricoli ai grandi investitori, facendo perdere l’occasione di incentivare le imprese agricole, chiamate in questo particolare momento, ad un maggiore sforzo produttivo e con maggiori costi, ad investire in piccoli impianti. Riteniamo che l’obiettivo del Paese di realizzare al 2030 almeno 35 GW di FV su terreni agricoli (questi i numeri ipotizzati per l’attuazione del Green deal al netto degli ulteriori sviluppi legati all’attuale crisi energetica) possa avere un impatto completamente diverso attraverso un ragionevole equilibrio tra installazione di grandi impianti, con utilizzo di terreni agricoli meno vocati, e di piccoli impianti aziendali distribuiti sul territorio nazionale.