Il Pnrr porterà grandi risorse nel settore delle energie rinnovabili legate al mondo agricolo: 1,1 miliardi per il fotovoltaico, 1,5 per l’agrisolare e 1,7 miliardi per costruire nuovi impianti di biometano o riconvertire quelli in scadenza di biogas per la produzione di energia elettrica.
Di questo si è parlato oggi a Fieragricola Tech, a Verona, nel convegno “Biometano e fotovoltaico: la sfida è adesso”, promosso da Confagricoltura Veneto e Confederazione dei bieticoltori-CGBI, che rappresenta nel Paese 5.200 aziende agricole e si pone al vertice del comparto dell’energia rinnovabile con 23 impianti di biogas realizzati e oltre 200 gestiti in service. Un approfondimento voluto per illustrare le misure da poco varate per sostenere il fotovoltaico e i progetti in cantiere per il biometano, che in tre anni vedrà nascere tra Veneto ed Emilia Romagna dieci nuovi impianti di produzione di biometano. In Veneto, in particolare, le zone interessate saranno quelle legate al bacino bieticolo-saccarifero. In Emilia Romagna sono già stati avviati da CGBI progetti per la produzione di biometano con Granarolo e Fruttagel.
Lodovico Giustiniani, presidente di Confagricoltura Veneto, ha sottolineato come questo sia un momento proficuo per spingere sull’energia green: “Tutto il mondo delle rinnovabili ha un’importanza strategica per l’agricoltura – ha detto -. L’abbiamo dimostrato con gli impianti di biogas e con il fotovoltaico sui tetti dei capannoni. Oggi con il Pnrr si aprono ulteriori sviluppi di notevole interesse. Il biometano rappresenta un’opportunità, perché oggi in Italia ci sono più di 1.800 impianti a biogas, di cui circa 200 in Veneto, che hanno una scadenza di 15 anni e quindi dal 2025 al 2027 andranno a termine. Pertanto il biometano rappresenta un’occasione di upgrading ancora più sostenibile del biogas, che a noi interessa sia per la riconversione degli impianti esistenti, sia per i nuovi impianti che si possono realizzare. La finalità del metano è andare a sostituire il metano fossile, dove i due grossi filoni sono quello dell’autotrazione, vedi auto e camion, e quello dell’industria, che nel nostro caso è l’agroalimentare. Gli agricoltori potranno anche creare economia circolare con l’utilizzo dei sottoprodotti, come i reflui zootecnici, la pollina delle galline e l’ortofrutta”.
Giordano Emo Capodilista, vicepresidente nazionale di Confagricoltura, ha rimarcato come l’organizzazione agricola stia seguendo con molta attenzione i progetti legati al Pnrr e alla politica energetica. “Ci sono parecchi progetti in ballo, ma è necessario che ci sia chiarezza e che al mondo agricolo vengano date certezze in merito agli investimenti, che dovranno avere un seguito nel corso degli anni”.
Un concetto ribadito dal presidente della Confederazione dei bieticoltori-CGBI, Gabriele Lanfredi, che è entrato nel vivo delle problematiche legate alla produzione di biometano. “I progetti, affinché si realizzino, devono avere una sostenibilità economica, ma la situazione al momento è poco chiara. Basti dire che il Pnrr è stato varato nel post pandemia, nel 2021, quando il metano costava 10 centesimi al metro cubo. Oggi i costi si sono moltiplicati a dismisura a causa del conflitto ucraino, basti pensare che qualche anno fa realizzare un impianto di biometano costava 5 milioni di euro, mentre oggi ne costa 8. Ma le misure applicative uscite due settimane fa non ne hanno tenuto conto”.
Lanfredi si è infine soffermato sugli accordi quadro sottoscritti con tre principali soggetti del settore agroalimentare italiano: Granarolo, Fruttagel e Coprob-Italia. “Andremo a costituire società consortili, composte da associazioni e agricoltori, per costruire nuovi impianti di biometano in grado di generare valore economico e ambientale per tutta la filiera. Basti dire che Granarolo utilizza ogni anno 30 milioni di metri cubi di metano fossile, che potranno essere prodotti con gli impianti di biometano”. Marco Andreoli, presidente della Terza commissione (agricoltura ed energia) della Regione Veneto, ha ricordato che “stiamo uscendo dalla dipendenza dal gas russo, ma ci stiamo mettendo nelle mani di altri, dalla Cina al Qatar. Dobbiamo investire risorse su ciò che produciamo a casa nostra, dai sottoprodotti dell’agricoltura che possono generare energia green alle biomasse legnose, di cui disponiamo in abbondanza. Il Veneto è coperto per metà di boschi, dalla Lessinia alle montagne bellunesi: tutta materia prima ottima che possiamo sfruttare per scopi energetici”.