Il rapporto di Mediobanca: IL VINO ITALIANO ALLA SCOPERTA DI NUOVI MERCATI, pubblicato lo scorso 27 maggio, fornisce uno spaccato molto interessante sulla situazione del settore. Oltre allo scenario mondiale, il rapporto si occupa di imprese italiane e di territori, di sostenibilità e di attese dei produttori.
L’Area Studi di Mediobanca ci dice che l’internazionalizzazione del vino è in crescita. “Oggi quasi una bottiglia su due viene consumata in un Paese diverso da quello che l’ha prodotta. Nel 2024 la produzione mondiale di vino è stimata in 226 milioni di ettolitri, in calo del 4,8% sul 2023, mentre i consumi si attestano a 214 milioni di ettolitri (-3,3%). L’Italia è in controtendenza: +15,1% nella produzione rispetto al 2023 (posizionandosi in testa alla classifica) e +0,1% nei consumi, con 37,8 litri pro-capite all’anno. In attivo anche il saldo commerciale: in 20 anni è cresciuto a un tasso medio annuo del 5,5%, passando da 2,6 miliardi di euro del 2004 ai 7,5 nel 2024. L’Italia è, inoltre, il primo esportatore di vino per quantità (21,7 milioni di ettolitri nel 2024) e il secondo per valore (8,1 miliardi di euro dietro solo agli 11,7 miliardi della Francia)”.
Molto interessante è il capitolo dedicato ai territori vitivinicoli italiani. Si può infatti leggere che “nel 2023 il Veneto si conferma la prima regione vinicola d’Italia, concentrando un quarto dei quantitativi di vino italiano prodotto. Un primato che si riflette anche sul valore che supera il 20% del totale nazionale. Segue la Puglia, (volume pari al 16,1% del totale, valore 12,6%). Per Piemonte e Toscana il peso in volume, compreso tra il 4 e il 5% del totale, raddoppia in valore (per entrambe le regioni prossimo al 10% di quello italiano); di contro, la Sicilia è la regione con il maggiore distacco della quantità rispetto al valore. Il Veneto guida anche le esportazioni (più del 35% dell’export italiano) doppiando il Piemonte e la Toscana ferme al 15% ciascuna.”
Relativamente al futuro, il rapporto espone le preoccupazioni dei produttori: “In un contesto di minore reddito disponibile, il calo atteso dei consumi di vino e il cambiamento nelle modalità di consumo, indotta dal ricambio generazionale e dal diffondersi di modelli salutistici, preoccupano, rispettivamente, il 70% e 60% delle aziende. Altrettanto timore suscita l’incertezza sulle decisioni dell’amministrazione americana di imporre dazi sulle importazioni di vino. Il 50% delle imprese considera una minaccia per il settore il nuovo Codice della Strada, il 30% teme gli effetti del cambiamento climatico. Per oltre i tre quarti delle imprese del vino italiane le difficoltà della domanda possono essere superate con l’apertura a nuovi mercati; mentre nell’ambito della rimodulazione dell’offerta prevale lo sviluppo delle categorie no/low alcol (prioritario per il 50% delle aziende). Per affrontare il futuro, gli investimenti in capitale umano sono ritenuti essenziali per il 55% circa degli operatori, più di quelli tecnologici, focalizzati sull’intelligenza artificiale e automazione.”