La Commissione Agricoltura della Camera nei giorni scorsi ha assunto un parere contrario rispetto a quello espresso in dicembre dall’omologa Commissione del Senato che, all’interno dello schema del decreto legislativo sul riordino delle norme fitosanitarie, invitava il Governo a promuovere in sede Europea un’iniziativa legislativa per disciplinare separatamente le nuove tecniche di miglioramento genetico NBT rispetto agli OGM.
Come più volte approfondito e sostenuto da Confagricoltura, le NBT non sono Ogm (organismi geneticamente modificati) vietati in Italia dal 2013, ma sistemi che usano tecniche di cisgenesi e genome editing (come le procedure Crispr usate in medicina e chimica e che sono valse il Nobel a Jennifer Doudna e Emmanuelle Charpentier). In sostanza nelle piante non si agisce su una alterazione inserendo genomi estranei come avviene negli Ogm, ma si interviene cambiando alcune lettere del Dna già presenti in modo da migliorare il prodotto.
L’inclusione attuale delle NBT nella regolamentazione OGM europea dipende da legislazioni vecchie di decenni e decisamente obsolete alla luce dei progressi compiuti dalla genetica e dalle biotecnologie. Ciò è confermato anche dal fatto che la Commissione europea ha avviato da mesi una consultazione, a cui partecipano tutti gli stati membri e tutte le parti interessate, per determinare se e come normare in maniera diversa i prodotti di tali tecnologie, con una revisione della vecchia direttiva 18/2001 che attualmente regolamenta il settore delle modificazioni genetiche tramite DNA ricombinante. Per il progresso dell’agricoltura, e in particolare dell’agricoltura sostenibile, è auspicabile che l’Italia si riconosca alla ricerca scientifica il ruolo che le compete e se ne faccia portavoce a livello di Unione Europea. Il Consiglio Europeo ha infatti incaricato la Commissione UE di presentare entro il 30 aprile 2021 uno studio sullo status delle nuove tecniche conformemente al diritto europeo a cui eventualmente far seguire una proposta legislativa.