Il mercato dei suini è in stagnazione e i costi di produzione sono in aumento, mentre i prezzi sono in caduta libera. Un momento sfavorevole per i circa 640 allevamenti professionali da ingrasso (dati 2018 di Veneto agricoltura), che dopo un 2017 in risalita stanno vivendo una crisi di mercato che ricorda il periodo nero vissuto nel 2016.

“Dopo un anno e mezzo positivo, da settembre 2018 è ricominciata la discesa – spiega Rudy Milani, presidente della sezione Allevamenti suinicoli di Confagricoltura Veneto -. La produzione di prosciutti dop è aumentata in maniera abnorme e, di conseguenza, molto prodotto resta invenduto. Anche il mercato dell’export è in sofferenza: nonostante la Cina stia abbattendo molti capi a causa dell’influenza suina, non sta importando nulla dall’Italia. Paradossalmente sono salite le importazioni di carne suina, un dato che deve farci riflettere: se costa meno importare la carne che produrla, vuol dire che all’estero i costi di produzione sono molto più bassi. Questo accade perché noi produciamo carne di alta qualità, seguendo rigorosamente i protocolli sul benessere animale e i disciplinari sulle dop. A fronte di un prosciutto dop prodotto in Italia, ne entrano due dall’estero che sono solo stagionati in Italia ma vengono venduti come nostrani a prezzi stracciati. Una mazzata per la nostra eccellenza made in Italy. Attualmente la carne suina ci viene pagata a 1,13 euro al chilo, contro 1,35 euro di costi di produzione. Stiamo lavorando in perdita”.

Secondo Milani: “Una delle azioni utili che si possono fare subito è di attuare una politica di contingentamento della produzione dei prosciutti dop, comprendendo coppa, salame, speck e altri insaccati. Chiediamo che il sottosegretario per le politiche agricole alimentari Franco Manzato si faccia portavoce delle nostre istanze a Roma, affinché si trovi una soluzione in tempi rapidi”.