Il Centro di ricerca Crea di Conegliano Veneto sta sperimentando alcune molecole che potrebbero essere in grado di rendere immuni le viti dal mal d’esca, che causa una moria delle piante fino al 30% nel corso della loro esistenza produttiva, con danni ingenti per la viticoltura veneta. La notizia è emersa al convegno promosso da Confagricoltura Verona dal titolo “Mal dell’esca: è sempre più flagello viticolo – stato dell’arte e possibili soluzioni”, che si è svolto nella Cantina Valpolicella di Negrar.

“Siamo sperimentando nei nostri vivai di Conegliano alcune molecole che potrebbero essere usate come una sorta di vaccino per la vite non solo in difesa dal mal dell’esca, ma anche dalla peronospera e dallo oidio – ha spiegato il ricercatore Walter Chitarra -. Eseguiremo una serie di test e poi, se i risultati saranno positivi, faremo delle prove sul campo. Serviranno almeno due anni di studi, che però, se dovessero andare a buon fine, sortiranno il primo vaccino contro quello che è un vero e proprio tumore della pianta, dato che difficilmente le lascia scampo”.

Michele Borgo, del Crea-vit di Conegliano, ha invitato i viticoltori a tornare al vecchio sistema a pergola, soffermandosi poi anche su altre criticità del sistema vigneto nell’epidemia del mal d’esca: stress delle piante, eccesso di concimazioni e di ferite causate dalle potature, decadimento dovuto ad altre malattie. Inoltre alcuni vitigni, come è risultato da uno studio, sono molto più attaccabili. Nelle uve bianche i più a rischio sono il Sauvignon bianco, il Riesling Renano, il Manzoni bianco; nelle rosse lo sono la Dindarella, il Primitiva, il Cabernet, la Corvina. Un problema di viti ma anche di terreno perché è nel suolo che si sviluppano i funghi patogeni. Bisogna quindi lavorare su prospettive biostimolanti, utilizzando sostanze attive biologiche come microrganismi che vadano a rinforzare la pianta.