“I voucher sono uno strumento utile per l’agricoltura e devono essere reintrodotti”. Così il presidente della Confagricoltura Massimiliano Giansanti interviene nel dibattito in corso in questi giorni che vede coinvolti numerose forze politiche ed esponenti del governo.

L’eliminazione dei voucher in agricoltura è stata una scelta frettolosa e non adeguatamente ponderata. E lo strumento che è stato introdotto in loro sostituzione (contratto di prestazione occasionale) non può certo essere considerato una valida alternativa, a causa di una serie di limitazioni e vincoli che ne restringono fortemente il campo di applicazione, soprattutto nel settore agricolo. È quindi necessario che anche le ultime aperture sul tema del vicepresidente Di Maio, che fa seguito alle numerose dichiarazioni del medesimo tenore rilasciate dal Ministro delle Politiche Agricole, si traducano presto in realtà; nelle campagne infatti è già iniziato il periodo delle grandi raccolte, e con la vendemmia in arrivo c’è maggiore richiesta di manodopera agricola.

In agricoltura l’esigenza di svolgere prestazioni meramente occasionali ed accessorie è concreta e tutt’altro che infrequente. Non a caso i voucher sono stati sperimentati nel 2008 proprio nel settore primario, con la vendemmia. E se si valutano i dati INPS in modo sereno e distaccato, si scopre che l’agricoltura è uno dei settori produttivi dove il lavoro accessorio è stato utilizzato in modo equilibrato, senza eccessi. Nel periodo 2008-2016, infatti, solo il 4,3 per cento dei voucher complessivamente venduti è stato destinato alle attività agricole. Se poi guardiamo l’ultimo anno disponibile, la percentuale scende addirittura all’1,8 per cento del totale.